La nuova normalità dei Contact Center

Gli scenari e i trend di sviluppo tecnologici e organizzativi che investiranno da oggi e nei prossimi anni la ‘prima linea’ del customer service aziendale.

Per rispondere all’emergenza pandemica arrivata in tutto il mondo all’improvviso ormai più di due anni fa, come tutte le altre realtà anche le aziende che hanno attivi dei contact center hanno dovuto mettere rapidamente in esercizio un nuovo modo di lavorare per continuare ad assicurare assistenza tecnica e a operare nella gestione dei contatti commerciali e marketing con i clienti. Il ricorso al lavoro da remoto anche in questo caso è stata la soluzione imposta dall’evidente dato di fatto, declinato come lavoro da casa (work from home) per gli operatori, e/o lavoro da ovunque (work from anywhere) per quadri e manager, ha portato gioco forza all’affermarsi oggi del modello del contact center distribuito.

Come in tanti altri settori del mondo del lavoro di tipo ‘impiegatizio’, anche quando avremo superato l’emergenza Covid-19, è prevedibile che nei prossimi mesi per diverse ragioni la nuova modalità del lavoro a distanza rimarrà una realtà per i contact center. Infatti, secondo una ricerca McKinsey, il 51% delle organizzazioni con contact center in attività prevede di continuare ad adottare il lavoro a distanza anche nei prossimi anni. Oggi diventa quindi utile capire come una soluzione operativa, messa in campo di corsa per rispondere efficacemente a una situazione di emergenza improvvisa, debba diventare un modello stabile di lavoro, dove a turno gli operatori di un contact center continueranno a lavorare da remoto per un certo numero di giorni alla settimana: due, tre o anche quattro in alcuni casi.

Il modello del contact center che include il lavoro da casa, quindi totalmente distribuito, è pertanto il nuovo modello operativo di questo mondo per il post Covid.

Problematiche e benefici

Il cambiamento indotto dalla pandemia mette quindi le aziende che utilizzano contact center davanti a nuove problematiche, ma anche a diverse opportunità. Dal punto di vista delle problematiche, rispetto al passato, il contact center distribuito per le organizzazioni IT interne alle aziende apre a delle nuove sfide architetturali poiché impone di ripensare la business continuity, di affrontare in modo nuovo il tema della scalabilità, della sicurezza e dell’efficienza operativa. Ci sono tuttavia questioni da affrontare per le risorse umane e in particolare come gestire aumenti delle spese familiari legate a un maggior consumo di energia elettrica, a maggiori spese di riscaldamento e a una possibile inadeguatezza logistica del domicilio del dipendente.

Le opportunità derivano invece dal fatto che potendo contare su una maggiore flessibilità il nuovo modello permetterà di concordare con gli operatori dei contact center nuove modalità di lavoro che vanno incontro alle loro esigenze di conciliazione della vita lavorativa con quella privata, migliorandone quindi soddisfazione e riducendo l’attrition; permetterà alle diverse organizzazioni di rivolgersi a un mercato del lavoro più ampio dal quale potranno emergere nuovi talenti e, infine, le aziende potranno ridurre gli spazi e quindi i costi e migliorare il ROI dei propri investimenti (da considerare tuttavia al netto degli aiuti da prevedere per i lavoratori).

Dal punto di vista delle soluzioni tecnologiche, anche nell’ambito dei contact center la pandemia ha accelerato quei fenomeni di innovazione e trasformazione digitale che avevano iniziato a prendere piede prima del 2020 a livello generale, come: il ricorso al cloud, l’utilizzo di soluzioni di collaborazione, così come soluzioni avanzate per la gestione delle operation, per prendere le migliori decisioni di business e per una rinnovata data security (insieme a una maggiore spesa per questa importante voce).

Allo stesso modo si sono accelerati anche alcuni importanti cambiamenti organizzativi che erano già in corso, come l’aumento del nearshoring e dell’insourcing delle attività aziendali (questioni attinenti alle grandi corporation, fonte McKinsey).  Altro cambiamento in corso riguarda un maggior utilizzo del personale interno, laddove disponibile, per la gestione di contatti non in tempo reale (per esempio, le email).

Verso la Total Experience

A cambiare velocemente durante la pandemia sono state però prima di tutto le aspettative e le necessità dei clienti e la conseguente domanda di miglioramento nell’erogazione di servizi online, compresi quindi quelli erogati da contact center. Il customer service nella nuova normalità rimane fondamentale, ma deve evolvere verso un approccio di ‘Total Experience’. E questo senza fare sconti sulle metriche fondamentali del servizio poiché l’accessibilità, la velocità di risposta e la qualità delle informazioni date devono restare alte anche nel nuovo scenario.

Servono strumenti e soluzioni realmente efficaci di analytics e di intelligenza artificiale, per gestire la cosiddetta nuova normalità che è diventata più articolata e complessa e che ha cambiato alcuni fattori fondamentali. Saper interpretare nel modo giusto il nuovo scenario è indispensabile perché in caso contrario i supervisori e i team leader, perdendo i loro tradizionali punti di riferimento, avranno la sensazione di ‘volare alla cieca’, mentre gli operatori sentiranno tutto il peso dell’organizzazione sulle proprie spalle e avranno la sensazione di dover contare solo sulle proprie forze.

Il ricorso al lavoro in ogni posto (per i quadri e manager è in effetti esatto usare il termine smart working), come in altri spazi pubblici o privati oltre che da casa, richiede all’azienda in primo luogo di rivedere i processi di supervisione per renderli più snelli ed efficaci e a fronte della necessità di includere nuove attività fondamentali, bisogna organizzarsi per abbandonare tutte le pratiche ormai obsolete.

Il customer service non deve essere più centrato principalmente sulla relazione ‘live’ tra cliente e operatore, bisogna aumentare l’utilizzo di nuovi canali come il ‘customer self-service’ e i servizi di risposta peer-to-peer delle community fruibili più facilmente attraverso i social.

La tecnologia e la digitalizzazione sono due nuovi fattori competitivi nella nuova normalità e il modello del contact center distribuito accelera una transizione al cloud che permette anche di superare i silos funzionali. A fronte di tutto questo sono però richiesti, come già accennato, maggiori investimenti nelle soluzioni di data security.

Tecnologie abilitanti

In uno scenario nel quale tecnologia e digitalizzazione diventano fattori per la competitività cambia l’approccio al servizio al cliente, e la scelta della tecnologia diventa un fattore chiave. L’adozione di una nuova tecnologia porta a cambiamenti organizzativi che devono essere però veloci e in questo contesto il processo di apprendimento è basilare per l’accelerazione verso le nuove modalità di erogazione dei servizi.

Un’architettura per il customer engagement oggi non può non prevedere componenti quali: l’integrazione dei servizi di back end; la visione unificata delle interazioni con i clienti; un sistema che indirizzi i clienti sui canali che più rispondono alle loro esigenze; il supporto del channel swapping; l’instradamento dei clienti agli operatori più indicati nelle specifiche circostanze; un sistema per la gestione tempestiva del cambio del canale di interazione; un processo semplificato di autenticazione dei clienti; una piena visibilità e un utilizzo efficace di risorse self service; e, infine, utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale e di algoritmi di machine learning (vedi box ‘L’AI nel contact center’).

Da una ricerca di Forrester che ha coinvolto le aziende che investono in contact center, intervistando un campione di 1.747 manager e top manager, emergono le seguenti priorità di investimento:

– Aumento dell’utilizzo del cloud: alta priorità 31%; media priorità 54%; totale 85%.

– Aumento dell’utilizzo di tecnologie di analisi dei dati: alta priorità 27%; media priorità 58%; totale 85%.

– Investimenti in tecnologie per la digital experience: alta priorità 24%; media priorità 57%; totale 81%.

– Aggiornamento, sostituzione o consolidamento delle applicazioni e dei sistemi esistenti: alta priorità 22%; media priorità 57%; totale 79%.

– Creazione di una singola vista del cliente: alta priorità 21%; media priorità 55%; totale 76%.

Una roadmap strategica per il futuro

Lo stato attuale della situazione nei contact center tracciato recentemente da Gartner non è brillante. Gli operatori a causa del ricorso del lavoro da casa lavorano isolati, con inadeguato supporto tecnologico, hanno competenze e canali limitati. Accedono solo occasionalmente al network interno di competenze. I canali multipli sono in genere isolati tra loro e questo riguarda non solo gli operatori, ma anche i sistemi IT e le funzioni.

Il customer service è generalmente reattivo, inbound-oriented, più legato al problem solving della singola transazione puntuale e non prende in considerazione invece il customer journey o la customer experience. La frammentazione e la complessità tecnologica che si è venuta a creare nel modello del contact center distribuito generato dalla pandemia ha portato a molte inefficienze. In molte aziende le strategie di customer service guardano ancora molto ai modelli del passato.

Ma il contact center del futuro dovrà essere molto diverso da quanto fin qui descritto. Innanzitutto, oltre ai clienti persone dovrà gestire anche i ‘clienti cose’, poiché una delle rivoluzioni che presto arriverà nel mondo dei contact center sarà l’Internet of Things. Bisogna poi fare un salto di qualità e iniziare a ragionare in termini di ‘customer life journey’ da progettare in un’ottica di multiexperience, nel quale proporre un modello di coinvolgimento proattivo del cliente. Solo così il customer service può contribuire efficacemente alle strategie dell’azienda e non essere più un mero centro di costo.

Dal punto di vista organizzativo invece, bisogna prevedere che lo stato di ‘lavoro da qualsiasi posto’ sia una condizione permanente per ogni operatore della propria organizzazione. Non si può immaginare di continuare a servire clienti diversificati con la vecchia logica del ‘Service Department’. Per i segmenti di clientela più importanti si continuerà a investire nella creazione di team di specialisti che possono seguire al meglio le distinte tipologie di customer. Inoltre, la scelta del canale ottimale per erogare il servizio non può più essere fatta solo dall’azienda indipendentemente dalle preferenze del cliente.

Infine, in un mondo variegato non esistono tecnologie di customer engagement univoche che rispondono a qualsiasi esigenza, ‘one fit all’, si va invece in questo caso verso un modello ‘componibile’, fatto da più elementi diversi che vanno ‘montati’ tra di loro a seconda dei casi.

Il rapporto con il cliente

Gli industry watchers tra cui Gartner e Forrester si concentrano poi sul rapporto con il cliente dove, come accennato, la situazione attuale vede in generale una realtà fatta da customer service reattivi, ancora legati alla logica dell’inbound, che si sviluppano su diversi canali non collegati tra di loro. In questa situazione il cliente ha l’onere di scegliere il canale migliore per risolvere il suo problema. Il design del servizio è ottimizzato sulle particolarità di ogni canale e risulta quindi inefficiente, mentre invece dovrebbe guardare al customer journey.

Le risorse vengono disperse perché a ogni cliente si offre il maggior numero di canali possibili, e non solo quelli ottimali per lui. Una customer experience dispersiva limita l’efficacia del self-service, spinge al continuo cambio di canale e/o all’uso di più canali contemporaneamente, aumentando i costi di servizio.

Le prospettive verso cui evolvere sono diverse. Innanzitutto, bisogna impostare un approccio outside-in, che permette di percepire il vissuto del cliente, con analisi supportate dall’AI sulle conversazioni, suoni e comportamenti. Per esempio, l’agitazione nella voce o silenzi immotivati devono attivare in tempi brevissimi cambi di offerta o escalation al supervisore.

Analizzati i dati dei clienti si può impostare una strategia per diventare proattivi e orientati all’outbound di servizio. Implementando diverse azioni preventive si può ampliare presso il cliente il valore percepito dei propri servizi e quindi ridurne il costo.

Si possono sviluppare opportunità attraverso nuovi servizi e prodotti e incrementare la soddisfazione e la fidelizzazione del cliente fornendo tempestivamente informazioni chiave nelle varie fasi del customer journey. Può inoltre poi essere utile integrare customer service, marketing e vendite in team mirati a seguire particolari segmenti di clienti. Per tutte le organizzazioni del retail che per esempio mantengono attivi una rete di negozi fisici, sarà importante riconvertire a compiti digitali, pre e post acquisto, tutti gli addetti che lavorano negli store.

L’arrivo dell’IoT

Entro 8 anni (2030) Gartner prevede che le ‘cose’ passino da segnalare uno stato al prendere autonomamente decisioni, prodotti e servizi devono essere adattati a questi nuovi ‘clienti’ poiché IoT e intelligenza artificiale agiranno in prima persona per conto di ‘umani’ e devono quindi essere serviti senza nessuna perplessità. Le applicazioni saranno nella domotica, nell’agricoltura, nel fleet management, nella logistica, nell’assistenza tecnica. Questi processi saranno sempre più svolti limitando all’essenziale l’interazione diretta con il cliente ‘umano’. La gestione integrata di interlocutori umani e ‘cose’ richiederà formazione e addestramento su skill digitali in gruppi di lavoro multidisciplinari.

La risoluzione ‘self-service’ dei problemi

Già oggi molti consumatori iniziano la ricerca di una soluzione ai loro problemi su canali non presidiati dall’organizzazione/azienda come siti internet specializzati di terzi, oppure attraverso Google, Facebook e altri social. Mettere a disposizione un canale self-service significa riuscire a riportare al contatto con la propria azienda clienti che quando hanno problemi cercano altrove le soluzioni per come risolverli.

Bisogna tener presente che i giovani preferiscono già ora utilizzare i canali self-service; mentre in molti, giovani e meno giovani, già li utilizzano per risolvere i problemi più semplici. L’80% dei clienti nei Paesi sviluppati usa lo smartphone per contattare il contact center via IVR, e questa è un’opportunità per indirizzare i clienti verso il self-service.

La risoluzione al primo contatto e il tempo per la risoluzione sono metriche valide sui canali tradizionali. Sui canali digitali è meglio utilizzare il parametro del customer effort, ossia la misura dello ‘sforzo’ impiegato da un cliente per risolvere un determinato problema. Il tempo trascorso può essere maggiore, ma quello impiegato per la risoluzione minore e, quindi, la soddisfazione maggiore.

La scelta delle tecnologie

La scelta delle tecnologie in futuro non deve essere più guidata dal fattore costo e dal fatto di accontentarsi perché si valutano come ‘abbastanza buone’. Il criterio principale sarà che siano in grado di rendere l’esperienza del cliente un fattore differenziante e competitivo. Sempre più fornitori sviluppano offerte integrate per il contact center as a service (CCaaS), il customer engagement center (CEC) e il workforce engagement management (WEM) e tecnologie intrinsecamente resilienti (come, per esempio, le soluzioni SaaS) che assicurano ROI a breve termine diventano centrali. Bisogna avviare la transizione verso soluzioni ‘digital first’ per chat, messaggistica e voce e i servizi di contact center devono diventare data driven.

L’intelligenza artificiale sui canali digitali gestisce tutti i compiti ripetitivi al posto degli operatori grazie all’RPA (robotic process automation), interagendo autonomamente con i clienti e consentendo self-service ‘senza attrito’. Gli strumenti di RPA possono essere attivati dagli operatori nel flusso di lavoro, o gestire autonomamente compiti in una coda anche per attività in back office.

Nuove analytics basate sull’AI possono essere utilizzate, per esempio, al fine di abbinare il profilo psicografico del chiamante agli operatori più adatti a gestirlo (analisi comportamentale); oppure per reindirizzare la chiamata al supervisore quando si percepisce frustrazione nell’atteggiamento del cliente (analisi del linguaggio).

I desktop innovativi degli operatori – dotati di strumenti di collaborazione, di desktop automation e di guide per gli operatori basate sull’AI – riducono il carico cognitivo, accelerano l’inserimento dei nuovi e indirettamente migliorano la fiducia dei clienti. In questo modo, gli operatori possono interagire proattivamente con i clienti, gestendo le interazioni più complesse (difetti inattesi, eccezioni alle policy) e che richiedono più empatia. L’intelligenza artificiale e il ‘work from anywhere’ richiedono miglioramenti nella gestione della sicurezza informatica e privacy.

*Director Vanguard Communications Europe

L’AI nel contact center

• Dove può essere utilizzata l’intelligenza artificiale nei contact center?

• Per semplificare l’individuazione corretta della richiesta e la sua risoluzione.

• Per classificare i casi.

• Per ottimizzare l’assegnazione dei casi.

• Gestire la programmazione.

• Monitorare la qualità del servizio e la compliance.

• Individuare bisogni formativi degli operatori e supporto del loro training.

• Individuare trend di prodotti, processi, sentiment dei clienti e problemi emergenti.

• Assicurare l’interazione 1 a 1 a partire dalla comprensione dell’individualità del cliente e delle sue preferenze.

• Computer vision per analizzare immagini o per identificare asset.

• AI cognitiva da applicare nella scansione del database per trovare la soluzione migliore.

Vanguard Communications Europe

Vanguard è una società di consulenza indipendente nei campi del marketing relazionale, customer relationship management (CRM) e contact management, e offre valutazioni obiettive basate su un’esperienza consolidata a livello internazionale. Per saperne di più: www.vanguard.it



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