Realtà aumentata, ologrammi tra i protagonisti di The Midnight Sky

L’ultimo film di George Clooney, tra rivoluzioni tecnologiche e innovative campagne promozionali.

La fine della civilizzazione è segnata da silenzi pregni di rimorsi e possibilità perse, da una coltre di neve che non perdona: avvolge tutto, umanità compresa. In questo mondo sulla soglia del disastro, seguiamo gli ultimi giorni di Augustine, un importante scienziato affetto da cancro terminale. Pur avendo trascorso la sua vita a osservare il cielo, l’uomo decide di non evacuare il pianeta, ma di rimanere sulla Terra per portare a termine il ultimo obiettivo: la sopravvivenza, non sua, ma quella di Aether, una navicella spaziale di ritorno da una missione.

A causa dello scarso segnale, per comunicare con gli astronauti, Augustine deve raggiungere un altro osservatorio, affrontando le intemperie e i pericoli che si celano in un mondo allo sbaraglio. L’impresa dello scienziato viene ulteriormente complicata dalla scoperta di una bambina apparentemente muta (Caoilinn Springall), comparsa misteriosamente nell’osservatorio.

L’importanza umana della ‘connessione’

George Clooney si cimenta per l’ottava volta alla regia, dirigendo The Midnight Sky, adattamento dal romanzo fantascientifico ‘Good Morning, Midnight’ di Lily Brooks-Dalton (In Italia disponibile con il titolo ‘La distanza tra le stelle’, Editrice Nord). Disponibile su Netflix, l’opera si dirama in due filoni: da una parte l’arco narrativo di Augustine, metafora del suo viaggio interiore, dall’altra le dinamiche interne all’equipaggio dell’Aether, composto da Sully (Felicity Jones), Adewole (David Oyelowo), Mitchell (Kyle Chandler), Sanchez (Demián Bichir) e Maya (Tiffany Boone). Terra e spazio si cercano. Hanno bisogno di un appiglio. Desiderano risposte e bramano una connessione umana che probabilmente non riceveranno, ma sono comunque disposti a tutto pur di ottenerla.

Dopo Solaris, Gravity e Tomorrowland, George Clooney esplora nuovamente il tema dello spazio, cimentandosi questa volta nel doppio ruolo di regista e attore protagonista. Affida la sceneggiatura a Mark L. Smith, sceneggiatore di ‘The Revenant’, film a cui Clooney si è ispirato. Oltre alla pellicola di Iñárritu, Clooney strizza l’occhio anche a Gravity, The Road, Interstellar, The Martian, I figli degli uomini, Ad Astra e Proxima dei quali fa riferimento per tematiche e per rappresentazioni. Non è certo la prima volta che veniamo messi di fronte al tema dell’inabitabilità del nostro pianeta, e non sarà l’ultima in cui la soluzione sembrerà essere sopra di noi, lì nello spazio sconfinato. Clooney affronta visivamente la dicotomia Terra – Universo contrapponendo al buio dello spazio, il bianco immacolato del nostro pianeta; alla claustrofobia della navicella spaziale, l’immensità senza limiti dell’Universo.

The Midnight Sky è un malinconico film post apocalittico. L’evento catastrofico alla base dell’evacuazione del pianeta non è specificato. Infatti, il come e il perché non sono fondamentali, perché ciò che è al centro del film non è l’ansia ecologica, e nemmeno la sopravvivenza degli abitanti della Terra nella loro totalità. The Midnight Sky è uno ‘sci-fi’ che ha come fulcro l’essere umano nella sua individualità, rappresentata da Augustine e dai membri dell’equipaggio. È il rapporto con i fantasmi del loro passato, con la famiglia, con il lavoro, con i ricordi, congelati e ripetuti costantemente attraverso ologrammi. “È una storia di redenzione” ha affermato Clooney intervistato da EW, aggiungendo “è molto difficile quando devi recitare con una bambina piccola che non parla, con la quale non puoi avere un dialogo. Se le dicessi tutto quello che penso o faccio sembrerebbe solo un’esposizione. […] Per me il punto era capire se eravamo in grado di raccontare una storia senza molto dialogo. Questo porta a realizzare un film dal ritmo lento. Devi lasciarlo fermentare piano piano affinché ci sia perdita e ci sia un po’ di redenzione lungo la strada”. The Midnight Sky, infatti, è una pellicola che procede prendendosi i suoi tempi, che rimane sulle inquadrature, che nell’assenza di dialoghi guarda a ciò che si cela dietro il non detto. Al silenzio sulla Terra, Clooney giustappone l’assenza di rumori dello spazio e i pochi commenti dell’equipaggio.

Un film con molti limiti…

Nonostante le ottime performance degli attori, lo script di Smith fa fatica a veicolare l’umanità dei personaggi e a dare forza alla storia. Gli ostacoli che i protagonisti incontrano nel loro percorso non creano un reale senso di agitazione nello spettatore; l’urgenza e la frustrazione di Augustine nella difficoltà a comunicare con Aether appare debole e le difficoltà che Sully e gli altri membri della navicella si trovano ad affrontare sono prive di un vero e proprio coinvolgimento emotivo. La backstory di Augustine, invece di umanizzare il personaggio, lo irrigidisce negli stereotipi di genere rendendolo il tipico genio immerso nel lavoro, votato ciecamente alla sua missione al punto da essere incapace di vivere la sua vita. È la colonna sonora di Alexandre Desplat, nominata anche ai Golden Globe 2021, a riempire questo vuoto con trepidazione, amore, solitudine, disperazione, nostalgia e speranza. Dove sceneggiatura e regia falliscono sono le note di Desplat (Grand Budapest Hotel, La Forma dell’Acqua) a conferire un ritmo alla pellicola, che a tratti sembra priva di peso come lo spazio.

… Ma non dal punto di vista tecnologico e di marketing

L’aspetto più degno di nota della pellicola è però la sua realizzazione a livello tecnologico e di marketing.
Netflix ha saputo sfruttare il lancio del film durante la pandemia per creare un parallelismo tra l’isolamento degli astronauti, impossibilitati a tornare a casa a riabbracciare le proprie famiglie per un lungo periodo di tempo, e il confinamento forzato del COVID 19. Nel film, vediamo l’equipaggio di Aether guardare e riguardare i video registrati con i loro cari per richiamare quella sensazione di casa, sicurezza e amore imprescindibilmente legata a quei ricordi e quelle persone.

Netflix ha unito le forze con Unit9, una casa di produzione focalizzata sulla creazione di contenuti realizzati facendo uso delle tecnologie più recenti. È stato così lanciata la campagna “Human Connection will alway find a way” (Le connessioni umane troveranno sempre un modo), costituita dal rilascio di un’app e di una pagina web che permetteva agli iscritti di registrare un messaggio. Grazie alla tecnologia AR (realtà aumentata), quest’ultimo si trasformava in un messaggio oleografico condivisibile con altri dispositivi.

“Questo progetto non poteva arrivare in un momento più saliente. In un momento storico in cui ciò che ci rende veramente umani – la connessione – ci sembra così fuori portata, siamo stati in grado di creare una tecnologia che portasse i video messaggi a un livello superiore. Abbiamo permesso alle persone di comunicare via ologrammi, cosa incredibile non solo da un punto di vista tecnologico, ma anche da un punto di vista esperienziale.” ha dichiarato Yehuda Duenyas, Creative Director di Unit9, continuando “È difficile sminuire quando sia magico vedere i tuoi amici e coloro che ami apparire nella tua casa, sul tuo muro, sul tuo tavolino o seduti dall’altra parte del tavolo da pranzo, mandandoti messaggi. Viene dal cuore ed è, in una parola, magico”.
Non c’è dubbio che in un periodo in cui il contatto dal vivo è stato drasticamente diminuito o completamente eliminato, la connessione tra esseri umani si caratterizzi come un bisogno primario dell’uomo. Non a caso le applicazioni di videochiamate nel periodo 2020-2021 hanno subito un vero e proprio boom. Secondo l’indagine “Un anno di COVID in Italia”, se già il 45,2 % degli intervistati era abituato a comunicare per videochiamata, quasi un terzo lo ha cominciato a fare per la prima volta durante la pandemia. Netflix ha saputo cavalcare questa onda per produrre una campagna marketing innovativa e attuale.

The Midnight Sky è un film all’avanguardia anche dal punto di vista delle tecnologie usate a livello di tecnica cinematografica. La supervisione degli effetti visivi è stata affidata a Matt Smir e a Chris Lawrence, già vincitore di un Oscar per Gravity. Lawrence, che aveva lavorato anche a The Martian, per The Midnight Sky ha usato Anyma, uno dei sistemi di acquisizione delle prestazioni facciali più all’avanguardia. Prodotto dai Disney Research Studios, Anyma è stato cruciale soprattutto nelle riprese a zero gravità, dove le facce degli attori sono state aggiunte a una controfigura digitale. Un sistema molto simile è stato usato anche per le riprese di Felicity Jones che, essendo incinta, non poteva compiere molti dei movimenti richiesti dal suo personaggio.
Grazie alla scenografia di Jim Bissell, The Midnight Sky è un film visivamente accattivante, retto da una colonna sonora ammaliante e da buone performance attoriali. Accontenterà gli amanti del genere nonostante, pur guardando alle stelle, ma non le riesca a raggiungere.


Serena B. Ritondale

Serena B. Ritondale nasce a Roma nel 1991. Comincia la sua carriera da redattrice scrivendo per alcune testate online di letteratura e cinema, tra cui Vertigo24 dove ricopre il ruolo di Vice Caporedattore. Si laurea in Sociologia all’Università Sapienza di Roma e successivamente si diploma all’Istituto Rossellini come Videomaker per cinema, tv e web....

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