Matrix Resurrections un ‘glitched’ sequel per Keanu Reeves

Un film d’azione, ma anche sentimentale e sicuramente più divertente dei precedenti.

Sono veramente rari i film capaci di catturare un’era. Matrix è stato uno di questi. Uscito in Italia il 7 maggio 1999, la pellicola delle sorelle Wachowski si è imposta sin da subito sul panorama cinematografico ed è entrata nel cuore degli spettatori. È stata definita “Il primo film del 21esimo secolo”, uno dei pochi a condensare l’essenza degli albori del web e delle promesse della rete. La trilogia di Matrix ha influenzato – consapevolmente o meno – più di una generazione, orientando sogni, paure e filosofie di vita. La metafora della pillola rossa e della pillola blu è entrata nel nostro quotidiano. Infatti, le tematiche presenti in Matrix sono state interiorizzate dagli spettatori e applicate alle più disparate teorie e fazioni: dall’estrema destra, a una sinistra progressista, da teorie sulla transessualità, al supporto degli ‘incel’ più agguerriti. Lo stile di abbigliamento di Neo e Trinity è diventato di moda; frasi della trilogia sono entrate a far parte del nostro dizionario e concetti trattati dal film, come quello del deserto del reale – influenzati a loro volta da varie filosofie come quella di Bourdieu – si sono impresse così a fondo nella nostra memoria collettiva, da far parte del nostro DNA. Matrix ha creato una sua iconografia e a distanza di quasi due decadi continua a riscuotere un seguito e un’eredità degna di nota. Proprio questa è al centro di Matrix Resurrections, il quarto sequel della saga.

Nostalgia, la chiave interpretativa

A diciotto anni dal rilascio di Matrix Revolutions, ultimo film della trilogia, la pellicola riporta sul grande schermo il mondo di Neo (Keanu Reeves). Lana Wachowski, alla regia senza la sorella Lilly, immerge lo spettatore nella società della pillola blu che, ancora una volta, è una fedele rappresentazione del mondo odierno, in particolare di quello delle start up tech. Non a caso Matrix Resurrections è ambientato a San Francisco, città sede di numerose start up e limitrofa alla Silicon Valley. Il film è ambientato circa sessant’anni dopo il sacrificio di Neo e quindi della sua presunta morte. Thomas Anderson è un famoso game-designer, creatore di una trilogia di giochi chiamata proprio The Matrix che ha spopolato, portando alla creazione di action figure e community online, influenzando usi e costumi della popolazione. Anderson però è perennemente sull’orlo di un esaurimento nervoso e, a seguito di un presunto tentativo di suicido, è seguito da uno psichiatra (Neil Patrick Harris) che gli prescrive delle pillole blu per contrastare gli episodi psicotici che tormentano le sue giornate e che gli rendono impossibile distinguere tra realtà e sogno. Le allucinazioni aumentano in seguito all’incontro con Tiffany (Carrie-Anne Moss), una donna appassionata di motociclette che assomiglia inspiegabilmente alla Trinity del videogioco di Anderson. Costretto dal suo capo Smith (Jonathan Groff), Thomas comincia a lavorare a un sequel di Matrix fino a quando l’attivista Bugs (Jessica Henwick) e un Morpheus 2.0 (Yahya Abdul-Mateen II) non lo spingeranno ad aprire gli occhi, prendere la pillola rossa e osservare la realtà per quella che è, reclamando la sua vera identità: quella di Neo. “Niente conforta l’ansia più di un po’ di nostalgia” afferma Morpheus.

Nostalgia è la parola chiave di questo nuovo trattamento che si propone come un dialogo continuo con il passato. In montaggio, la linea narrativa è continuamente interrotta da scene di precedenti film che, se da una parte rinforzano l’elemento nostalgico, dall’altro ci ricordano l’originalità della trilogia, facendo apparire il quarto capitolo ancora più sciapo. Come Neo all’inizio della pellicola, Matrix Resurrections soffre di una crisi d’identità: è un film d’azione, ma anche sentimentale e sicuramente più divertente dei precedenti. Vuole essere romantico e ruotare intorno all’amore, ma appare vuoto e superficiale. Gli elementi rivoluzionari, che avevano contraddistinto i primi tre capitoli, qui appaiono come fantasmi di se stessi. Questo Matrix preferisce parlare di sé. Infatti, il suo vero centro è la sua eredità intellettuale, sociale e artistica, che viene più volte palesata da un punto di vista stilistico, visuale e contenutistico. È un film che si auto-analizza non solo in quanto parte dell’universo Matrix, ma soprattutto come ‘sequel’, nato e sviluppato per soddisfare i fan. “Sono sicuro che tu capisca perché la nostra amata Warner Bros ha deciso di realizzare un sequel della tua trilogia. Mi hanno informato che lo faranno con o senza di te” dichiara Smith. Ne segue un pitch meeting in cui Anderson è affiancato ad altri giovani per capire su cosa basare il quarto videogioco, analizzando le caratteristiche che hanno reso i primi tre un vero successo. La prima metà del film si può definire come una sorta di metacinema.

È un lungo commento sulla storia del franchising nello specifico e sulla popolarità dei reboot in generale; sui meccanismi che regolano l’industria dell’intrattenimento e di come spesso l’arte e l’artista non facciano parte dell’equazione vincente, almeno da un punto di vista finanziario e commerciale. Lana Wachowski, insieme ai co-sceneggiatori David Mitchell e Alessandra Hemon, palesa i limiti del nuovo Matrix in scrittura e sembra togliersi più volte qualche sassolino dalla scarpa. Bugs afferma: “Hanno preso qualcosa, qualcosa che significava tanto per persone come me e l’hanno resa triviale”. La frase sembra riferirsi alla trilogia dei film, commentando l’uso dozzinale e privo di una reale comprensione delle battute e dei concetti di Matrix. Finalmente, vi è anche una critica alla decontestualizzazione e l’estremizzazione di opinioni prese dal franchise che sono state poi stravolte e piegate a ideologie quanto più lontane da quelle delle autrici.

Pur guardando al passato, Matrix Resurrection cerca di innovarsi e ci dimostra come i personaggi sopravvissuti e liberi da Matrix siano cresciuti. Nuove e sempre più avanzate tecnologie vengono introdotte e una nuova via che superi la contrapposizione uomini/macchine viene presentata. Matrix si è evoluto così come le macchine e l’agente Smith, che non è più quello di una volta, ma i meccanismi alla base sono gli stessi. A cambiare è solo la patina esterna, quello che va di moda. Anderson lavora sempre come programmatore, ma non è più solo un numero dentro la sua società. Nonostante questo non può fuggire dal ‘sistema’, da una vita di regole che non sente sue. Wachowski&Co sostituiscono all’industria dei software, quella dei videogiochi, che sta avendo negli ultimi anni un boom. Gli sceneggiatori guardano al mondo di oggi e ci immergono Matrix dentro. Matrix fa leva sull’effetto nostalgia che, in particolare da qualche anno, sembra essere il nuovo trend di Hollywood. Il sociologo Fred David nel 1979 scrisse che “La nostalgia esiste per i media, grazie ai media e nei media”. I media hanno contribuito alla creazione di una nostalgia di massa, una nostalgia mediale, figlia della modernità. Infatti, si tratta di una nostalgia che pur ‘di massa’ poiché capace di raggiungere allo stesso tempo grandi fasce di popolazione e creare un’identità generazionale, non scaturisce da narrazioni collettive, ma spesso si forma attraverso memorie nate dal consumo individuale di media.

Un viaggio nei ricordi

Contemporaneamente all’uscita al cinema di Matrix, la Marvel ha rilasciato Spiderman: No Way From Home, un film che è una tela nostalgica, uno sguardo al passato che ha conquistato i fan dell’Uomo Ragno usando il vecchio per creare qualcosa di nuovo. È un viaggio nostalgico ben riuscito, che coinvolge emotivamente gli spettatori, senza appesantirli. Al contrario, il viaggio nostalgico di Matrix spesso stucca perché sovrasatura gli elementi familiari, non fa altro che sottolineare il divario qualitativo che la quarta pellicola non riesce a colmare e la differenza stilistica. Le atmosfere cupe e cyberpunk della prima trilogia vengono parzialmente perse, così come quella sensazione di oppressione che permeava i precedenti capitoli. Se prima la libertà tanto agognata era collettiva, quella di Matrix Resurrections è individuale. Tutto ruota intorno alla relazione tra Trinity e Neo, ponendo l’accento sui loro sentimenti come forza propulsiva della narrazione. Matrix Resurrections è per chiunque voglia fare un viaggio tra i ricordi e scoprire qualcosa di più sul futuro dei personaggi tanto amati, ma senza troppe aspettative.


Serena B. Ritondale

Serena B. Ritondale nasce a Roma nel 1991. Comincia la sua carriera da redattrice scrivendo per alcune testate online di letteratura e cinema, tra cui Vertigo24 dove ricopre il ruolo di Vice Caporedattore. Si laurea in Sociologia all’Università Sapienza di Roma e successivamente si diploma all’Istituto Rossellini come Videomaker per cinema, tv e web....

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