Il cambiamento si nutre della coerenza di ogni giorno

Che cos’è e come si può applicare la ‘smallest viable audience’.

Io la penso così. Quelli come noi fanno così. Si è sempre fatto così. Se esistono frasi che esprimono quanto i cambiamenti culturali possano essere lenti, sono proprio queste. Cambiare è un processo intrinsecamente difficile. È l’esatto contrario di un terremoto, che riempie immediatamente i notiziari, ma poi non cambia nulla nel modo in cui le comunità si comportano. E se siamo il tipo di persona che si fa influenzare da ciò che la circonda (e la maggior parte di noi lo è), allora cambieremo idee e modo di fare solo quando tutti quelli intorno a noi lo faranno.

Il business: meglio più grande o migliore?

In realtà, molti imprenditori vogliono cambiare. Vogliono crescere. Vogliono creare aziende più grandi. Tendono quindi ad abbracciare il cambiamento se questo può essere capace di portarli su mercati più ricchi e più ampi. Verso maggiore notorietà o economie di scala o profitti. Il contesto culturale e mediatico spinge quindi gli imprenditori a cercare di costruire qualcosa che possa essere di interesse per molti, se non per tutti. A oltrepassare i confini del proprio orticello. A investire in infrastrutture di larga scala.

Tutto condivisibile, ma poi si scopre che la qualità, la soddisfazione e la magia di certi lavori viaggiano su altre strade. Non quella di diventare più grandi, bensì di diventare migliori. Alcuni esempi:

– Reverence è considerato uno dei migliori ristoranti di New York ma ha solo 14 coperti. Con la giusta offerta e un’adeguata fan base, quei pochi posti sono sufficienti per prosperare e permettere allo chef di offrire un’esperienza culinaria di classe.

– Tsion è un piccolo caffè, sempre a New York, che offre specialità mediterranee ed etiopi. Pochi lo conoscono, tuttavia è un locale di successo. Tsion offre qualcosa che le persone cercano e di cui vogliono parlare, raccomandandolo ad amici e conoscenti.

– Se cercate Eliot Peper su Amazon, trovate parecchi libri a prezzi contenuti. Eliot è un giovane scrittore di cui i fan non riescono a fare a meno. E ciò accade grazie alla long tail delle sue vendite online, non perché abbia venduto i diritti cinematografici per i suoi libri o grazie alla promozione di un grande editore. Eliot ha trovato la sua nicchia, la sua audience.

La ‘smallest viable audience’

Focalizzarsi su un’audience piccola e coerente, ma che consenta di sostenere il business, è la cosa più importante per molti imprenditori. In inglese si chiama smallest viable audience ed è il gruppo di clienti, attuali e potenziali, sufficientemente grande da consentire un business sostenibile, ma abbastanza piccolo e omogeneo per potersi focalizzare sui suoi componenti, comprendendo ciò di cui hanno bisogno, stabilendo un’empatia, creando un approccio centrato su di loro e poi diffonderlo tra i loro simili.

Quando si hanno pochi clienti, il rischio è però di tentare di prendere tutto il business in cui si incappa. Questo va in contraddizione con il concetto di audience omogenea di cui si è appena parlato. Le vostre azioni di marketing dovranno quindi essere coerenti e focalizzate. Non dovrete attendere il prossimo, casuale cliente. Dovrete invece sceglierlo con cura, capire chi è e perché è lì da voi o deve venire da voi. E una volta compreso tutto ciò, dovrete creare una vera opportunità: fare in modo che la sua esperienza e il suo legame con voi siano così soddisfacenti da spingerlo al passaparola tra chi ha esigenze simili.

Certo, non può accadere con tutti i clienti. Ma sicuramente può accadere con qualcuno di questi. E di nuovo, si scoprirà quanto la parola qualcuno non sia banale come sembra. Nel momento in cui vi lasciate alle spalle il mantra del “Possiamo servire chiunque; Il nostro mercato è il mondo”, dovete misurarvi con il fatto di essere quel tipo di fornitore di cui le persone sentirebbero davvero la mancanza se non ci fosse. Non è facile, ma chi ha scelto questa impostazione non può fare diversamente.

Essere specifici, quindi, è la vera chiave di volta. Che non ha nulla a che fare con dimensioni o scalabilità e che invece richiede massima chiarezza sul tipo di punto di riferimento che si vuole essere, sul servizio che si offre, sul garantire uno standard al quale le persone si leghino e dal quale vengano positivamente colpite, modificate, cambiate.

Il cambiamento, ogni giorno, con coerenza

E quindi, ancora una volta, torniamo al cambiamento. C’è voluto parecchio tempo perché Galileo venisse riabilitato o che certe scoperte scientifiche diventassero un fatto acquisito. Per esempio, ci sono voluti vent’anni per far sì che la comunità medica accettasse che a causare le ulcere fossero i batteri e non l’alimentazione. Per fortuna, oggi, grazie a Internet e alla rapidità di diffusione dell’informazione, i cambiamenti sono più veloci di quanto siano mai stati in passato. E tuttavia, restano così lenti da renderci impazienti, da non farci sopportare che le nostre idee e iniziative non vengano adeguatamente considerate:

– Vorremmo che la promozione del mese ci facesse raddoppiare le vendite.

– Vorremmo che il prodotto appena lanciato venisse scelto da tutti.

– Vorremmo che la nuova funzione del nostro prodotto ci facesse scalare le classifiche di vendita…

… E invece, quasi sempre, non è così.

Ma, se siamo coerenti, il cambiamento prosegue. L’unica cosa da fare è focalizzarsi su di esso in modo consistente e persistente. Ogni giorno dobbiamo essere di fronte ai nostri clienti a raccontare (ed eseguire) la nostra storia. A viverla con passione. Parliamo della storia vera, non quella che si legge sul nostro sito web, dove siamo tutti: (1) leader, (2) innovativi, (3) in crescita. Niente fuffa, solo sostanza. Solo reali benefici per il cliente che cambia a causa del nostro servizio. E noi cambiamo con lui conoscendo sempre meglio ciò di cui ha bisogno e da cui trae beneficio.

Come fare, in concreto?

Vi propongo 4 domande chiave:

1. Quale è il mercato che serviamo? L’abbiamo definito con precisione? È abbastanza grande da permetterci di prosperare, ma abbastanza piccolo da essere omogeneo?

2. In cosa pensiamo di eccellere? Abbiamo qualcosa di più, di meglio, di diverso dagli altri? Abbiamo una nostra storia da raccontare?

3. Il mercato conosce questa storia? La ascolta? È d’accordo con noi? Ci riconosce un’eccellenza? Dopo una prima esperienza, tornerà da noi? Ci raccomanderà alle sue cerchie sociali?

4. E questo vale per l’oggi. E il domani? Come pensiamo di far evolvere la nostra offerta? Come pensiamo di continuare a cambiare?

A queste domande dovremo rispondere senza bugie o scorciatoie. Perché il cambiamento si nutre della coerenza di ogni giorno.

Vi ho dato alcuni spunti. Avete altre idee al riguardo? Simili o diverse? Ne vogliamo parlare?



Primo Bonacina

Bergamasco di nascita e milanese per professione, Primo Bonacina si occupa d’informatica dal 1980, primo in ordine di laurea tra gli studenti (1984) della neocostituita Facoltà di Informatica di Milano. Dal 1984 ha operato con ruoli di responsabilità crescente per aziende multinazionali dell'IT. Le più note: Olivetti, 3Com (ora HPE), Magirus/Tech Dat...

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