MAGAZZINO CHE CAMBIA E NUOVA SUPPLY CHAIN

Lo shopping multicanale rende meno prevedibile la domanda e richiede tempi di consegna più brevi. Così servono magazzini più grandi e soprattutto più intelligenti. Con l’IoT e gli oggetti connessi si possono fare tantissime cose nel magazzino, resta solo da scegliere quali. Alla luce anche dell’impatto sul lavoro delle persone.

Aspetti sociali, ambientali, tecnologici ed economici sono considerati in questo esatto ordine i driver dell’economia. E le imprese, che si confrontano in un contesto globalizzato, hanno bisogno di un nuovo concept strategico della produzione orientato a competitività e sostenibilità.

Secondo Airi, l’associazione italiana per la ricerca industriale, gli stimoli allo sviluppo di una produzione sostenibile e competitiva sono identificabili nella seguente serie di elementi.

– Riduzione del time to market, tramite l’utilizzo di sistemi di simulazione integrati con la realtà produttiva.

– Potenziamento dell’adattabilità/configurabilità dei processi attraverso un approccio modulare nei sistemi di produzione, al fine di massimizzare l’autonomia e l’interazione con i macchinari, e il continuo riutilizzo delle infrastrutture esistenti.

– Consumo di risorse ottimizzato attraverso l’utilizzo di processi a basso consumo energetico, fonti di energia rinnovabili, e la gestione intelligente dei processi produttivi in ottica di impatto ambientale basato anche sul recupero del calore dissipato.

– Maggiore qualità del prodotto attraverso una maggiore robustezza e precisione del processo, garantendo al tempo stesso una facile manutenibilità.

– Una maggiore produttività in condizioni di sicurezza ed ergonomia del posto di lavoro, migliorate attraverso l’integrazione a monte nella progettazione della fabbrica di sistemi innovativi.

– Una maggiore riusabilità dei sistemi di produzione verso fabbriche interoperabili a livello mondiale, che sono in grado di fornire servizi e sviluppare prodotti sempre e ovunque, indipendentemente dalla tecnologia, la cultura o la lingua in uso nei diversi siti produttivi.

– Nuovi prodotti, che richiedono nuove tecnologie di produzione adeguate alle nuove funzionalità.

– Nuovi sistemi integrati di progettazione che comprendano fin dalle prime fasi di sviluppo concettuale la disponibilità dei nuovi asset abilitanti (per esempio modular design, design for additive manufacturing).

Il dominio Internet of Things

Sulla base di questi driver, Airi ritiene che vadano curati in maniera prioritaria alcuni domini tecnologici, tra cui l’Internet of Things. È infatti fondamentale, si legge nello studio realizzato dall’associazione come contributo alla strategia nazionale di Industria 4.0, lo sviluppo di piattaforme tecnologiche avanzate (componenti e sistemi, hard-ware e software) per la raccolta e la gestione dei dati da IoT presenti negli ambienti produttivi. Tali dati sono una delle basi dei processi di monitoraggio, configurazione dinamica della produzione e maintenance. Vengono analizzati tramite big data analytics per analizzare sia trend storici sia particolari eventi in real time.

Gli stessi dispositivi mobili (come smartphone e tablet) delle persone che lavorano in un dato ambiente produttivo, sono da considerare nodi IoT che contribuiscono al monitoraggio dell’ambiente stesso. L’enorme quantità di dati potenzialmente generata e ricevuta in tali ambienti produttivi dai nodi IoT richiede soluzioni innovative per la loro gestione, basate sia su servizi cloud computing centralizzati sia su tecnologie, architetture e piattaforme tecnologiche hardware e software distribuite e centralizzate, quali mobile cloud e fog computing.

Altri domini ‘attenzionabili’ sono la collaborazione uomo-robot, l’additive manufacturing, le metodologie per la simulazione integrata prodotto-processo, i cyber physical system, la gestione ottimale della supply chain, la big data analysis, il cognitive computing, i sistemi di produzione flessibili e intelligenti che consentano il monitoraggio e controllo di processo online, le metodologie e gli strumenti per la manutenzione sostenibile del processo produttivo.

L’evoluzione nel magazzino

Uno degli ambienti più interessati dalla trasformazione digitale del ciclo produttivo è il magazzino. Soprattutto per via della crescita degli acquisti online, che richiedendo tempi di consegna brevi ridisegna la supply chain dei prodotti di consumo. Di fatto, la possibilità di effettuare acquisti anche dai dispositivi mobili e in qualsiasi momento ha reso la domanda non solo più dinamica ma anche meno prevedibile. Agilità e reattività del magazzino saranno fattori sempre più fondamentali nella competizione dello shopping multicanale, alla luce della crescita prevista nei prossimi anni. Da qui la ricerca di soluzioni sempre più ‘intelligenti’.

La gestione del magazzino è al centro di una imponente riorganizzazione che riguarda sia gli edifici, costruendone di nuovi o ampliando le dimensioni di quelli attuali, sia le modalità di lavoro. Si passa da situazioni basate prevalentemente sul lavoro manuale ad ambienti predisposti per l’utilizzo di robot e sistemi meccanici.

Vero che, se si mettono da parte le previsioni e si guarda alla realtà, oggi i magazzini e le supply chain abilitati all’Internet of Things sono ancora all’inizio, ma i sondaggi che diversi operatori hanno ovviamente già fatto indicano che la gran parte dei responsabili della logistica ha intenzione di aumentare l’utilizzo di questa tecnologia in tempi anche molto brevi per creare magazzini intelligenti. Del resto i numeri non lasciano altre strade: oggi secondo Gartner gli oggetti connessi nel mondo sono già circa 4,9 miliardi e nei prossimi cinque anni si prevede che arriveranno a 25 miliardi, sulla spinta del minor costo della tecnologia.

L’IoT nel magazzino è perfetto per la gestione degli oggetti intelligenti. Il McKinsey Global Institute definisce i dispositivi IoT quelli che ‘possono monitorare il proprio ambiente, riportare il loro stato, ricevere istruzioni e persino agire in base alle informazioni ricevute’. Tre, secondo McKInsey, sono gli elementi che fanno di un oggetto una parte dell’IoT: sensori per monitorare e misurare l’attività che sta avvenendo; una connettività a Internet contenuta nell’oggetto stesso, un hub collegato, uno smartphone o una base station; infine processori che consentono all’oggetto di avere almeno un qualche potere di calcolo. Oggi gran parte degli oggetti sta diventando così e questo rende infinite le possibilità di utilizzo dell’IoT in magazzino. I prodotti connessi potrebbero includere telecamere ed etichette Rfid passive e attive. Si tratta solo di capire cosa sia più utile.

Gli impatti sul lavoro

Con riferimento al driver sociale dello sviluppo economico, è inevitabile una riflessione sull’impatto della trasformazione dei magazzini nel lavoro delle persone. Nelle linee di produzione, che da più tempo del magazzino sono interessate da un’invasione sensoristica conseguente a un processo di automazione sempre più spinto, le macchine – che pur sono dotate di intelligenza artificiale e connessioni con cui comunicano anche fuori dal sito produttivo, raccolgono dati e li analizzano attraverso software sofisticati – hanno preso il posto degli esseri umani in determinate funzioni ma non azzerano il fattore umano.

Il tema del rapporto tra uomo e macchina è tra i più importanti della nuova rivoluzione industriale e tra i più dibattuti. ‘L’impatto dell’automazione industriale sul lavoro’ è anche il titolo di una ricerca realizzata da Doxa i cui risultati saranno presentati da Siri, l’associazione italiana di robotica industriale, in collaborazione con Ucimu, l’associazione che invece riunisce i costruttori italiani di macchine utensili.

Più macchine = più personale

Oggi in Italia il 30% circa delle aziende utilizza sistemi, soluzioni e processi basati sull’impiego dei robot, ha spiegato Massimo Sumberesi di Doxa. Di queste, quasi un terzo ha aumentato il numero di dipendenti, mentre appena il 5% dichiara di aver ridotto in modo significativo il proprio personale. L’introduzione dei robot ha determinato una sensibile riduzione dei carichi di lavoro per 3 aziende su 4 e oltre il 70% dei lavoratori dichiara di aver notato un miglioramento delle condizioni di sicurezza nel lavoro

Secondo Lino Codara, docente di sociologia dell’organizzazione all’università di Brescia, le moderne tecnologie, rendendo disponibili ai lavoratori maggiori informazioni e offrendo loro strumenti di comunicazione rapida, favoriscono il ridisegno delle mansioni, il ridimensionamento delle gerarchie di basso livello (perché si instaurano forme di comunicazione diretta tra operai e le funzioni aziendali, saltando i capi intermedi) e forme di coordinamento di tipo orizzontale. A tal proposito oggi si parla di ‘operaio aumentato’, cioè un operaio creativo, coinvolto, responsabile, in grado di gestire dati, di affrontare il problem solving e di collaborare direttamente con i responsabili delle funzioni di staff (logistica, manutenzione, ecc.), in sintesi capace di svolgere un lavoro intelligente. Gli studi e le ricerche sul campo ci dicono che in queste realtà i lavoratori mostrano anche livelli più alti di soddisfazione. Ancor più dell’arricchimento delle mansioni e della polivalenza, infatti, ciò che secondo lo studio Doxa pare interessare ai lavoratori è essere coinvolti nelle decisioni che riguardano il proprio lavoro.

Il partito no-robot in netta minoranza

Fatto sta che il 61% delle aziende italiane è pronto a introdurre sistemi di intelligenza artificiale e robot nelle proprie organizzazioni, compresi i magazzini. Solo l’11% si dichiara totalmente contrario. Tra le ragioni principali che spingono le aziende a introdurre tali sistemi c’è la convinzione che il loro utilizzo renda il lavoro delle persone meno faticoso e più sicuro (93%), faccia aumentare l’efficienza e la produttività (90%) e abbia portato a scoperte e risultati un tempo impensabili (85%).

Le aziende e i manager sono convinti a stragrande maggioranza (89%) che i robot e l’intelligenza artificiale (AI) non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone e che avranno un impatto positivo sul mondo del lavoro e delle aziende. Di più: l’AI permetterà di creare ruoli, funzioni e posizioni lavorative che prima non c’erano (77%); stimolerà lo sviluppo di nuove competenze e professionalità (77%); consentirà alle persone di lavorare meno e meglio (76%). L’altra faccia della medaglia è che avrà un impatto molto forte sui lavori a più basso contenuto professionale favorendo la sostituzione dei lavori manuali con attività di concetto (per l’81% del campione). I manager e gli imprenditori ritengono infatti che, al di là dei benefici in termini organizzativi, l’introduzione di queste tecnologie potrà avere effetti negativi sull’occupazione e l’esclusione dal mercato del lavoro solo di chi è meno scolarizzato e qualificato. In quest’ottica va letto il dato negativo sulle conseguenze in termini di perdita di posti di lavoro indicato dal 75% degli intervistati.

Approccio human-centered

Sul tema uomo-macchina ci sono aziende italiane apripista di un approccio nuovo. “A differenza del modello tedesco di Industria 4.0, caratterizzato da elevata robotizzazione e automazione, noi siamo convinti che nel modello produttivo italiano il fattore umano giochi un ruolo determinante per garantire la qualità e l’eccellenza distintive del made in Italy – ha affermato per esempio Paolo Fontanot della Tecnest di Udine. “Alla base c’è il concetto di human-centered manufacturing che permette agli operatori di avere visibilità e voce in capitolo sia su quello che succede all’interno della fabbrica stessa sia su quanto accade nel mondo connesso. Interconnessione è una delle parole d’ordine nella fabbrica digitale ed è all’interconnessione che guardiamo per cambiare il paradigma di riferimento e aprire le porte a nuovi modelli di business”.

Il nuovo paradigma dell’Industry 4.0 guarda a un modello di organizzazione basato sulle persone. In un sistema di produzione human-centered le fasi di pianificazione e realizzazione di un compito finiscono per coincidere in quanto la persona ha il pieno controllo del processo e della tecnologia.

Per Gian Luca Giovanelli dell’italiana MCM “L’Industry 4.0 non è solo tecnologia resa facilmente accessibile dal punto di vista economico, ma un vero e proprio passaggio culturale. Il suo valore aggiunto risiede nell’adottare un approccio corretto, ovvero trasformare le percezioni di opportunità in azioni e iniziative concrete che abbiano come scopo l’aumento della competitività: meno fermi macchina, turni non presidiati, risparmi energetici, manutenzioni preventive e l’eliminazione delle operazioni a scarso valore aggiunto per gli operatori”.

Sul tema uomo-macchina, secondo Giovanelli l’uomo non può essere sostituito come decisore. Quindi lo sforzo deve andare nella direzione di rendere rilevante il valore aggiunto dell’operatore, soprattutto nell’attività che gli è eslcusiva e cioè quella di decidere. Le tecnologie devono in qualche modo servire a racccogliere informazioni, se possibile setacciarle, e portarle comodamente all’uomo-operatore. Prendiamo un sistema cibernetico già dotato di sensori che indirizzano informazioni per il funzionamento automatico della macchina: perché non utilizzare queste informazioni anche a un livello superiore? Trattate con tecniche di big data, esse potrebbero servire anche a conoscere lo ‘stato di salute’ del macchinario e, con la supervisione dell’operatore, renderlo più efficiente nel tempo. Si può insomma passare da un utilizzo tattico delle informazioni che grazie ai sensori riceviamo dalle macchine a un utilizzo più allargato, aperto anche all’esterno. Questo crediamo debba essere lo scopo dell’IoT, però solo dopo aver ben capito il beneficio che se ne può avere”.

IoT in magazzino: dove serve di più?

Tanti possibili utilizzi per l’IoT in magazzino, ma quali i più efficaci? Secondo alcuni osservatori non sono i trasporti la ‘killer application’ e neanche la tracciabilità interna, due problemi affrontabili con sistemi WMS e TMS. Più interessante e carico di valore è l’impiego dell’Internet delle Cose nella raccolta e nell’analisi dei dati.

Il Superammortamento (prima escluso dalla legge di bilancio 2019 e ora recuperato) consiste in una supervalutazione del 130% degli investimenti in beni strumentali nuovi acquistati o in leasing. Per chi beneficia dell’iperammortamento, la possibilità di fruire anche di una supervalutazione del 140% per gli investimenti in beni strumentali immateriali (software e sistemi IT).


Michele Ciceri

Giornalista professionista, ghostwriter, speaker, coordinatore di eventi e convegni. Energia, Ambiente, Green ICT, Terzo Settore. Ufficio Stampa Cancro Primo Aiuto Onlus. Già redattore e caporedattore in crona...

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