Innovazione: fare cose che non hanno senso

Il ruolo dell’innovatore in azienda è superare i limiti dettati dall’abitudine e dall’inerzia del conformismo diffuso tra le persone.

“Innovazione” è la parola d’ordine degli ultimi anni. Tutte le società di consulenza aziendale evidenziano la necessità di fare innovazione come fosse una novità, ma l’innovazione non è affatto una novità.

Da sempre l’innovazione è il cuore del successo di tutte le aziende ma, nel mercato odierno, costantemente in evoluzione, e sempre alla ricerca di nuove idee, è un imperativo imprescindibile. Purtroppo però la maggior parte dell’innovazione di alto profilo proviene da start-up e non da società mature, perché generare vera innovazione nelle grandi organizzazioni non è affatto facile.

Come si realizza l’innovazione

Esiste un modo per fare innovazione con successo nelle grandi aziende? Oppure viviamo in un’epoca in cui è normale che le nuove aziende soppiantino le vecchie? Il professore Clayton Christensen della Harvard Business School ha scritto, nel suo rivoluzionario libro del 1997 ‘The Innovator’s Dilemma’, che il più grande vantaggio delle start-up è che “possono fare cose che non ha senso fare per le aziende consolidate”.

Questa affermazione è probabilmente la più frequente che mi è capitata di sentire parlando con i manager delle aziende in cui ho lavorato nel corso degli anni; questo perché il ruolo di un gruppo dedicato all’innovazione è quello di fare cose che non hanno senso per il resto dell’azienda.

Il problema è che non molti sono disposti a investire parte dei propri ricavi in idee che, nella maggior parte dei casi, non vedranno la luce e che solo occasionalmente avranno un impatto dirompente sul business tradizionale. Eppure esistono grandi aziende che hanno saputo fare innovazione e che hanno avuto successo. Che cosa ha caratterizzato il successo di queste organizzazioni rispetto a coloro che hanno fallito?

Numerosi studi mostrano che coloro che hanno deciso di investire seriamente in innovazione lo hanno fatto approcciando il tema in modo strutturato e in particolare hanno scelto di: dotarsi di metodologie adeguate e studiare le aspettative dei consumatori di oggi e non di domani; adottare tecnologie abilitanti l’innovazione. Cosa significa esattamente questo?

I tre ambiti da tener presente

Metodologia. L’innovazione deve essere innanzitutto programmata perché non sia il risultato di un caso fortunato o di una scommessa vincente. Se così fosse, sarebbe infatti un costo insostenibile per la maggior parte delle aziende. I casi di successo dimostrano invece che dietro la maggior parte degli innovatori si nasconde un duro lavoro che condivide un unico approccio all’innovazione. Nelle interviste e nelle indagini condotte in questi anni da numerosi studiosi e ricercatori, emerge chiaramente che le aziende conoscono e adottano molteplici approcci utili per fare innovazione in azienda: design thinking, agile, lean, business model canvass… Questi strumenti, insieme a piani strategici, organizzazioni dedicate e processi specifici, consentono alle aziende di affrontare l’innovazione attraverso una serie di passaggi molto strutturati che possiamo definire come una vera e propria ‘cultura dell’innovazione’ (leggi a tal proposito il mio articolo “Cos’è la cultura dell’innovazione?”).

Consumatori. Come possono le aziende creare prodotti e servizi che i clienti vogliono acquistare? La domanda potrebbe essere posta in altro modo: è il cliente che cerca il prodotto o il prodotto che fa nascere il cliente? Henry Ford diceva che se avesse chiesto ai suoi clienti cosa volevano, avrebbero risposto “un cavallo più veloce”. Se è vero che non tutti i clienti sanno cosa vogliono, è sempre vero che sanno di cosa hanno bisogno e che è proprio dalla soddisfazione del bisogno che deve nascere l’idea di prodotto o servizio davvero innovativo.

Per esempio, le persone in passato avevano bisogno di comunicare più velocemente ciò che scrivevano in lunghe lettere che richiedevano tempo per essere recapitate al destinatario e restituire una risposta al mittente: Antonio Meucci inventò il telefono che permise alle persone di parlarsi. Muoversi per casa con un filo attaccato al telefono era scomodo e nacque il telefono cordless. Dal cordless al telefono mobile all’esterno delle pareti domestiche il passo fu ancora più breve (il primo telefono mobile fu inventato nel 1973 da Martin Cooper, direttore della sezione Ricerca e sviluppo della Motorola, che lo lanciò sul mercato 10 anni dopo).

Il problema è che oggi le aziende non hanno il tempo che avevano in passato per ideare nuovi prodotti e servizi. Il mercato non permette tempi lunghi di ideazione e sviluppo. È necessario saper interpretare i bisogni e le aspettative ora, non domani quando il bisogno sarà cambiato o qualcuno l’avrà già soddisfatto; ed ecco che per comprendere i bisogni ci vengono incontro le tecnologie.

Tecnologie. Ci sono tecnologie innovative che diventano business e innovazione tecnologica che abilita il business. Quello che serve alle grandi organizzazioni per innovare con successo è questa seconda tipologia di innovazione. Intelligenza artificiale, machine learning, chatbot… Consentono alle aziende di acquisire, analizzare dati e disporre di capacità previsionali un tempo inimmaginabili. La tecnologia consente di accelerare tutta una serie di attività che prima richiedevano lunghi tempi di lavorazione e che permettono, fra le altre cose, di ‘prevedere’ fenomeni che prima dovevano essere necessariamente analizzati a posteriori.

Chi ci ha creduto e chi no

La storia dell’uomo è costellata di innovazioni e invenzioni che non hanno avuto successo ma anche di molte altre che lo hanno avuto contro le stesse aspettative di coloro che avrebbero dovuto per primi comprenderlo. Nel 1946 Darryl Zanuck, dirigente della 20th Century Fox, riferendosi alla televisione dichiarò che le persone si sarebbero presto stancate di passare le loro serate a guardare un scatola di legno. Steve Chen, fondatore di YouTube, vendette nel 2005 la sua creatura a Google dichiarando: “non ci sono poi così tanti video che mi va di guardare”. Oggi YouTube è una delle piattaforme social più utilizzate al mondo. Lo stesso Bill Gates, che di innovazione se ne intende, liquidò Google nel 2003 come una start-up che non sarebbe sopravvissuta da lì a tre anni.

Quando nasce l’innovazione è spesso complessa da comprendere, può apparentemente non avere senso e richiedere del tempo per manifestare tutto il suo potenziale. L’innovazione spaventa le grandi aziende che godono di posizioni di predominio nei rispettivi mercati (“Perché le aziende resistono al cambiamento e non fanno innovazione”).

Quando Apple lanciò nel 2007 il primo iPhone, l’amministratore delegato di Nokia lo liquidò dichiarando che non avrebbe avuto alcuna possibilità di acquisire quote di mercato. Sappiamo tutti come è finita Nokia e dove si trova oggi Apple. Ma la storia di Apple e dell’iPhone ci insegna anche un’altra lezione: a quel tempo il telefono esisteva già, così come esistevano i palmari, i computer, i notebook, i lettori MP3, i touch screen e molte altre delle tecnologie contenute nello smartphone di Cupertino. L’innovazione di Apple è stata quella di comprendere i bisogni dei consumatori e rispondervi ‘assemblando’ in un oggetto innovativo molte delle invenzioni tecnologiche già disponibili. Perché, se vogliamo trarre una conclusione sul senso dell’innovazione, questa è racchiusa nella frase di Joseph Schumpeter: “fare le cose vecchie in modo nuovo, questa è innovazione”.


Cristina Dal Monte

Esperta di innovazione e marketing, supporta con successo da oltre 20 anni le aziende nel loro percorso di trasformazione digitale (Virgilio-Matrix, Telecom Italia, Mondadori, ePRICE... ; cura, per il magazine Office Automation, la rubrica Inside Digital Marketing. (Link LinkedIn https://www.linkedin.com/in/cristinadalmonte...

Office Automation è il periodico di comunicazione, edito da Soiel International in versione cartacea e on-line, dedicato ai temi dell’ICT e delle soluzioni per il digitale.


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