In Italia l’alta percezione di sicurezza fa sottovalutare i rischi legati alle identità macchina
Una ricerca di CyberArk evidenzia lacune sul controllo delle identità non umane, che sono già la stragrande maggioranza: 85 per ogni identità umana

CyberArk ha pubblicato il nuovo Report Identity Security Landscape 2025, secondo il quale le organizzazioni stanno inavvertitamente creando una nuova superficie di attacco incentrata sulle identità a causa del crescente utilizzo di AI e cloud.
Il report evidenzia come le identità non umane siano per lo più non note, né controllate, mentre l’adozione di agenti AI è ostacolata da problemi di sicurezza legati alla manipolazione esterna e agli accessi sensibili.
“I risultati relativi all’Italia della nostra ricerca rivelano un paradosso significativo: le aziende, pur percependo un elevato livello di protezione, si trovano ad affrontare rischi importanti a causa di una gestione inadeguata delle identità macchina”, dichiara Paolo Lossa, Country Sales Director di CyberArk Italia.
“Le identità non umane crescono a un ritmo tanto veloce da rendere preoccupante che solo il 19% delle organizzazioni italiane le consideri utenti privilegiati. Nonostante il nostro sia il Paese con la più elevata consapevolezza su questo tema a livello globale, è comunque necessario affrontare questa minaccia in modo rapido, anche perché la crescita di identità non umane non accenna a rallentare”.
Accessi delle identità macchina ai sistemi critici, i controlli sono insufficienti
Guidate principalmente da cloud e intelligenza artificiale, le identità macchina superano ormai di gran lunga quelle umane all’interno delle organizzazioni, e quasi la metà di esse gode di un accesso sensibile o privilegiato. Tuttavia, molte aziende non proteggono adeguatamente i loro accessi ai sistemi critici.
Estrapolando i dati italiani dai risultati complessivi della ricerca si evidenziano i seguenti aspetti:
Nelle aziende sono presenti 85 identità macchina per ogni identità umana (82 a livello globale).
Nell’80% delle organizzazioni, la definizione di “utente privilegiato” si applica esclusivamente alle identità umane, rispetto all’88% a livello globale.
Tuttavia, il 53% delle identità macchina italiane dispone di accesso privilegiato o sensibile, contro il 42% di quelle globali, aumentando così i rischi di cybersecurity.
In Italia, il 52% delle organizzazioni non dispone di controlli di sicurezza delle identità per proteggere infrastruttura cloud e carichi di lavoro: un dato migliore rispetto al 61% a livello globale. L’87% delle aziende ha subìto almeno due violazioni incentrate sulle identità negli ultimi 12 mesi: da attacchi alla supply chain e accessi privilegiati compromessi a furti di identità e credenziali.
Con l’adozione diffusa dell’AI, si profila il rischio di agenti AI focalizzati sulle identità
L’adozione, autorizzata e non, di AI e modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) sta trasformando le aziende, amplificando al contempo i rischi per la sicurezza. Le preoccupazioni legate all’emergere di agenti AI e al loro accesso privilegiato sottolineano l’urgenza di investimenti mirati nella sicurezza delle identità.
Nelle organizzazioni italiane, sarà l’AI a guidare la creazione del maggior numero di nuove identità con accesso privilegiato e sensibile nel 2025.
Mentre il 68% degli intervistati a livello globale ha difficoltà a implementare controlli di sicurezza delle identità per l’AI, l’Italia rimane al 58%, con il dato più basso tra tutti i Paesi, indicando una tendenza positiva.
Tuttavia, con il 58% delle organizzazioni italiane ancora prive di controlli specifici, saranno necessari sforzi significativi per mitigare ulteriormente i rischi di identità legati all’AI.
Il 42% delle realtà italiane ammette, inoltre, di non essere in grado di proteggere l’utilizzo della “Shadow AI”.
Le organizzazioni italiane antepongono l’efficienza aziendale alla cybersecurity
La frammentazione dei programmi di sicurezza delle identità e la scarsa visibilità sugli ambienti riducono la resilienza di fronte all’evoluzione delle minacce alla cybersecurity. La maggior parte delle aziende si trova ad affrontare una crescente pressione di conformità legata ai privilegi.
L’83% dei professionisti della sicurezza italiani concorda sul fatto che le loro organizzazioni danno priorità all’efficienza aziendale rispetto a una solida cybersecurity, con una percentuale più alta rispetto al 75% globale.
Le identità umane e macchina aumenteranno ulteriormente quest’anno, con l’85% degli intervistati italiani che prevede almeno il loro raddoppio.
Il 67% ha inoltre identificato le identità non umane (carichi di lavoro cloud, credenziali delle applicazioni, containerizzazione delle app, IoT, bot, ecc.) come la principale causa di aumento del numero di identità nella propria organizzazione.
“La corsa all’integrazione dell’intelligenza artificiale ha inavvertitamente creato una nuova serie di rischi per la sicurezza delle identità, incentrati sugli accessi di identità macchina non gestite e non protette, mentre quelli privilegiati degli agenti AI rappresenteranno un vettore di minacce completamente nuovo”, commenta Clarence Hinton, Chief Strategy Officer di CyberArk.
Le best practice italiane
Nonostante queste sfide, le aziende italiane stanno riuscendo a mitigare le minacce legate alle identità attraverso azioni specifiche. Quelle di maggior impatto includono:
- Automatizzazione delle attività di governance delle identità (47% contro il 37% della media globale).
- Implementazione di soluzioni di sicurezza cloud con accesso privilegiato Just-in-Time (45% contro il 35% a livello globale).
- Implementazione di analisi comportamentali avanzate basate su AI/ML e rilevamento delle anomalie (39% contro il 35% a livello globale).
In particolare, Shadow IT e applicazioni AI non autorizzate giocano un ruolo significativo nella creazione di silos di identità secondo il 51% degli intervistati, superiore alla media globale del 44%.
Guardando al 2025, le organizzazioni italiane danno priorità alle iniziative strategiche di sicurezza delle identità, come il miglioramento dei controlli di sicurezza incentrati sulle applicazioni (53% contro il 47% a livello globale), il potenziamento delle strategie di sicurezza cloud (43% contro il 37% a livello globale) e l’introduzione di Zero Standing Privileges per l’accesso privilegiato al cloud (44% contro il 33% a livello globale).
“La situazione attuale dimostra la chiara necessità per le aziende italiane di colmare queste lacune, affidandosi a un’efficace sicurezza delle identità, in grado di proteggerle tutte, umane e non”, conclude Paolo Lossa.